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Domande frequenti
F.A.Q.
Biodegradabile significa che il materiale si decompone in tempi brevi tramite processi biologici, ossia in modo naturale. Questa affermazione è tuttavia ancora piuttosto generica. Quando si parla della biodegradabilità di un materiale o di un prodotto occorre assolutamente fornire indicazioni complementari sui tempi e sulle condizioni ambientali. La decomposizione può ad esempio avvenire nel corpo umano (filo chirurgico), nell’oceano in superficie, sulla spiaggia o sul fondo marino, nel terreno in un campo, in un impianto di biogas o di compostaggio. Di conseguenza esistono anche diversi standard di controllo e relativi sistemi di certificazione, che distinguono, ad esempio, tra compostaggio industriale e domestico.
Per bioplastica s’intendono sia i materiali plastici a base bio sia anche i materiali plastici biodegradabili. Il termine “a base bio” indica chiaramente che la materia di partenza è costituita da materie prime vegetali rinnovabili.
Per l’uso che ne facciamo noi, no. Poiché per principio utilizziamo materiali riciclati di qualità di cui è stato verificato il contenuto di contaminanti, dobbiamo ricorrere a materiali riciclati specialmente adatti provenienti da fonti certificate. Le plastiche riciclate necessitano di processi di trattamento e non sono pertanto più convenienti della plastica vergine.
La produzione e il consumo di beni generano scarti. La reintroduzione di questi scarti nel ciclo dei materiali tramite ricondizionamento si chiama riciclaggio. Il termine “recupero dei materiali” ha lo stesso significato.
Tuttavia i rifiuti possono essere “recuperati” anche in altro modo, p. es. tramite la valorizzazione energetica o termica. In questi casi i rifiuti vengono gassificati o inceneriti generando energia.
Non c’è una risposta universalmente valida a questa domanda. I criteri decisionali sono la perdita di qualità dovuta al riciclaggio e l’ulteriore perdita di qualità attesa a seguito di ricicli ripetuti.